lunedì 11 luglio 2011

Furio Camillo - Il bimbo con l'Iphone

Il viaggiatore urbano lo sa: la rapidità d’esecuzione è fondamentale. Quando sei sulla banchina, con le porte ancora chiuse ma con i vagoni già fermi, hai quei 2-3 secondi in cui il tempo si sospende e inizia lo screening della situazione interna, necessario al fine di stabilire in un lasso di tempo infinitesimale l’indice C.D.V. (Composizione Demografica del Vagone). Il C.D.V. è uno strumento potente che si affina nel tempo, levigato da viaggi di martirio tattile e olfattivo, uditivo e morale. Il C.D.V. ci permette di valutare in pochi attimi quali saranno i nostri compagni di viaggio tra una fermata e l’altra, e di capire se quel posto a sedere vuoto è un colpo di fortuna o una trappola da evitare. In alcuni casi è semplice: se l’unico posto libero su quattro è quello che segue quelli occupati da Red Canzian, Dodi Battaglia e Roby Facchinetti, uno lo capisce subito che non deve sedersi. Come regola generale, evitate agglomerati umani che intitolano la propria impresa commerciale al nome di un orsetto. Come regola particolare, evitate Red Canzian: quanti tra i vostri amici hanno sia il nome sia il cognome che iniziano e finiscono con una consonante? Pensateci. NESSUNO. Lo so, mette i brividi.

Quando il seggiolino libero è in prossimità di un bambino, la valutazione da effettuare è meno immediata: bisogna capire se farà domande per tutto il tragitto o no. In questo caso mi sembra di no, sta giocando con qualcosa, è innocuo, mi avvicino, mi accomodo. Dopo pochi secondi mi rendo conto che il mio C.D.V. è ancora fallibile. Mi guarda, il marmocchio. Di più, mi sfida. E' divertito, ma non vuole solo stare bene: vuole che io stia male. Che lo invidi. Con la coda dell'occhio mi invita ad ammirare di quanta completezza consti la sua esperienza ludica di otto-novenne. Sta giocando con l'iphone, nello specifico con un’app nella quale bisogna tirare delle punizioni, fare gol; ad ogni segnatura cresce la difficoltà, fino a quando la barriera è più affollata della rubrica di Bisignani.

A un certo punto una scritta irrompe sul campo "NEW HIGHSCORE: 87!". Ha battuto il suo record personale. Ora mi guarda negli occhi direttamente e, pleonastico, sentenzia: "E' un iphone, è un gioco fatto apposta per l'iphone". Come a dire: tu non ce l'hai, non ce lo puoi avere, perchè il cellulare che hai in mano è vecchio, come sei vecchio tu, e tutto quello che rappresenti. Per quanto ne sa lui potrei essere il nuovo batterista dei Pooh. Gli sorrido, ne apprezzo la socialità, la simpatia di tenero birichino, e perchè no, anche quella vitale voglia di stupire il prossimo.

Ed è esclusivamente in un'ottica pedagogica, e non per una voglia di rivalsa che sarebbe a dir poco infantile, che con nonchalance tiro fuori dalla borsa il mio Ipad, avvio lo stesso gioco, ma visualizzato più bello e più grande, e gli rispondo: "Ah, pensa, sembra uguale a questo" ed è solo inavvertitamente che con un tocco sbilenco della mano apro la pagina del record dove campeggia un epico 155. Lui incassa con grande dignità, e sebbene il sorriso spensierato dell'infanzia sia sfiorito in una prematura ansia da prestazione, riesce ad aggiungere: "Mò ci gioco finchè non faccio 156". Ed è così che un infante di Furio Camillo ha imparato due sostanziali verità in un colpo solo: che le dimensioni contano, ma che per battere certi record è solo questione d'allenamento.

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