mercoledì 3 agosto 2011

Il gioco delle tre carte

“What’s wrong with this country?”
Tom me lo chiede con gli occhi sgranati, con Miss Little America che piange aggrappata ai suoi pantaloni, e una Lonely Planet in mano. Ma soprattutto me lo chiede in una piazza dei Cinquecento illuminata da un sole che crepa l’asfalto e tratteggia sui volti dei passegeri la mimica rilassata di Jack Nicholson in Shining. Li avevamo immaginati, li avevamo temuti, quei giorni sono arrivati: quando l’Agnello sciolse il sigillo le metro si fermarono, e fu l’Apocalisse di Termini. Da tre giorni la tratta Anagnina-Termini è chiusa per lavori, e viene coperta con una linea di bus sostitutivi, la Ma3. Ciò che più colpisce è la carenza di segnalazioni: i romani, forgiati nell'acciaio delle madonne da anni di disservizi, più o meno se la cavano. I turisti, del tutto disorientati, sembrano come pentiti di non aver accettato l'altra proposta mediterranea del tour operator: la Libia.

Tom è americano, è qui in vacanza con la famiglia e non si capacita, così mi chiede cosa deve fare, e quando mi racconta il suo viaggio iniziato dalla Metro B e passato attraverso l'imbuto infernale di Termini, sbotta nella domanda di cui sopra. Io, che ho in mano il giornale aperto sulla pagina in cui si racconta di un Obama messo alle corde da quei progressisti del Tea Party, provo a buttarla vergognosamente in caciara, allungo il Corriere della Sera e controbatto: “What’s wrong with YOUR country!”. Lui la prende bene e mi risponde con il calore umano di una fabbrica abbandonata di Vladivostok: “A lot of Americans doesn’t deserve our president, but a lot of Italians doesn’t deserve Italy’s beauties”. Ne segue una breve e cortese contesa verbale che mi vede ribattere colpo su colpo, e dalla quale esco con una sensazione di affermazione personale assimilabile a quella di Napoleone a Waterloo. Perchè Tom ha ragione: molti di noi non meritano la bellezza di Roma, ma rimango con il dubbio di non essere riuscito a fargli capire che altrettanti tentano di preservarla, e che chi non la merita è innanzitutto chi deve amministrarla.

In questo particolare caso, il numero di bus messo a disposizione della linea sostitutiva, per quanto messo a dura prova in alcuni momenti della giornata, sembra essere adeguato. Da 72 ore si vedono correre liberi branchi di Ma3 su e giù per Appia e Tuscolana, in file da tre o quattro bus. La reazione comune è quella di una certa sorpresa, e una larga parte dell’assemblea cittadina converge spontaneamente sulla mozione Vecchietta Colli Albani: “Ma allora ce l’avete l’auto, m******i vostra”. Ma se si prova a prendere una linea consueta si scopre che la verità è che non ce li hanno, e che li stanno semplicemente spostando. I tempi di attesa per gli autobus sono magicamente aumentati contemporaneamente all’istituzione della linea sostitutiva, e così in alcuni momenti della giornata si vedono passare tre vetture della Ma3 semivuote mentre le banchine sono piene di disperati che aspettano un 558, un 87 o un 63. Evidentemente il concetto di razionalizzazione delle risorse non alberga presso l’Atac, che presto diramerà trionfali comunicati stampa sul numero di vetture utilizzate per la Ma3 grazie ad un innovativo piano per la mobilità. Ma di innovativo non c’è niente, questa cosa si fa da secoli, e si chiama gioco delle tre carte.

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